Il libro di Vincenzo Moretti è un po’diario, un po’ romanzo e un po’ saggio.
È un po’ diario per la successione cronologica con cui i fatti sono narrati e per la scrupolosità con cui sono annotati i tempi e i luoghi degli avvenimenti.
Ma questo libro è anche un romanzo, la storia del rapporto tra due fratelli in un particolare momento della vita di uno di essi. E come tutti i romanzi che si rispettano presenta anche un finale inaspettato.
Il libro ha, inoltre, l’aspetto di un saggio perché è dedicato per buona parte al lavoro e alla volontà/necessità di farlo bene, a prescindere.
Che cosa però rappresenta questo libro nel suo insieme? È il viaggio di un uomo che va alla ricerca della strada da seguire, della luce verso cui tendere per dare un senso alla propria vita.
E questa luce la trova nel lavoro e nella socializzazione.
Nel lavoro: “Quando ti chiedono cosa fai, rispondi che fai l’artigiano. È la verità, nelle cose che fai metti competenza, impegno e passione… Dai ammettilo, senza una qualifica, un mestiere, sei un mezzo uomo.”
E nella socializzazione: ” … nessuna noce fa rumore se rimane da sola nel sacco, che funziona così nella vita, nella società, nella politica, che nessun uomo può farcela da solo … “.
La suddivisione del libro in brevi capitoli, molti per certi versi non legati strettamente alla trama, favorisce una lettura per così dire episodica: un capitoletto ogni sera prima di andare a dormire. Sono rispettati anche i canoni di un linguaggio svelto, pulito, al di là di ogni costruzione retorica.